domenica 19 settembre 2010

Cose che capitano.



Giulia. La mia Giulia. Mi ha sempre detto che mi ama. Che di questo non ha dubbi. E quando glielo senti dire non puoi che crederle perche' sembra l'unica cosa nella vita di cui e' assolutamente certa. Pero’ lo ha sempre mostrato in maniera diversa dalle altre, o meglio, non lo ha mai mostrato tranne che in pochi , rari casi, con piccoli gesti. Non e’ una persona che esterna molto cio’ che prova. E anche se a volte questo aspetto del suo carattere fa un po male devo dire che, sotto sotto, non mi dispiace poi tanto che sia cosi'. Ti fa bramare ogni piccola attenzione, ogni bacio, ogni carezza, ogni parola che ti rivolge. Si, ti fa bramare anche quelle, le parole che scorrono tra due persone in una normalissima conversazione, e questo, quando non e' troppo...e’ bello. E' bello provare il dolore pungente del desiderio e poi per un brevissimo attimo la felicita’ smodata di aver ottenuto quello che tanto si e' desiderato. Ma questa volta ha superato il limite.

Lunedi’ mattina. E’ inverno. Fa freddo. Ce una luce color ghiaccio, insomma grigio-bluastra. Siamo tutti per strada, aspettando di entrare a scuola. Io sono affacciato al muretto che da sul fiume che gli scorre davanti. Guardo l'aria che espello dai polmoni, mista al fumo della sigaretta che sto fumando. Sono pregno di desiderio. Ho una disperata sete delle sue attenzioni. E sono teso. Teso. Sento come un palloncino che mi si gonfia nello stomaco. Lei e' una decina di passi piu avanti, mi sta dando le spalle e sta parlando con James. E' da quando siamo arrivati qui che parla con lui, non mi ha manco salutato, ha solo accennato uno sguardo indifferente girando un poco la testa, quanto basta per vedermi con l'angolo dell'occhio.
"Non devi essere geloso di James!La devi smettere di farmi tutte ste domande su di lui, lo sai, te l'ho detto mille volte che non me ne frega niente. Mi fa semplicemente pena perche so che gli piaccio veramente tanto, e per non farlo stare troppo male gli do giusto un po' di corda, tutto qua."
Cosi mi dice sempre. Ogni volta che sollevo l'argomento questo mi dice.
E io le credo. Le ho sempre dato e le do fiducia perche so di potergliela dare. Ma come posso non essere un fascio di nervi di fronte a quello che si sta svolgendo di fronte ai miei occhi?
Se ne sta li' disinvolta a parlare con lui, ride persino. E mentre ride, come per sorreggersi, fascia teneramente le sue braccia intorno al braccio di lui, che sorride felice. Dio santo, lei con me non si comporta quasi mai cosi'. E' piu' fredda. Piu che il suo ragazzo mi sento come quello che si dovrebbe sentire quel coglione di James. E' lui che deve vedere me e lei scambiarci tenerezze per poi smaniare dal desiderio d'essere al mio posto.
I miei compagni mi guardano, devo essere pallido in viso.
"Ehi bello, pensi di essere ancora in grado di fare le addizioni?"
Sono sconvolto.
"Non mi rompete i coglioni."
Arriva di gran carriera il prof di disegno, con la sua faccia scura e burbera, le sue diffuse rughe costruite attraverso una maschera di durezza indossata  per troppi anni, e il suo baffo sbiadito d'altri tempi.
"Che ci fate ancora qua fuori?" urla alla classe "vi volete prendere una broncopolmonite a continuar a star qua fuori? Forza! entrate! Sala all'ultimo piano oggi!"
I ragazzi si avviano, con lo sguardo cerco di nuovo Giulia per vedere se sta sempre li' a parlare o se mi sta raggiungendo per salire insieme. Non ce piu'. Dev'essere salita con quel coglione. Resto ancora un po' fuori, il tempo di fare altri due tiri nervosi alla sigaretta, con le mani tremanti per il dolore. Poi mi avvio dentro, salgo su per le larghe, vecchie, grigie scale di pietra ed entro in sala.
I colori freddi, sbiaditi e malinconici che mi avvolgevano prima vengono subito sostituiti da quelli caldi della sala, illuminata soltanto dal crepitio del fuoco di un grande camminetto sulla mia destra, in cui potrei tranquillamente sdraiarmi per lungo. Alcuni dei miei compagni si sono sistemati per terra, lungo la parete del caminetto, davanti al quale, di spalle al fuoco, stanno seduti Giulia e James. Si sono liberati dei cappotti. Giulia si e' accoccolata sulle ginocchia di lui con quel suo fare sinuoso e i suoi brillanti occhi scuri. Vado a sedermi accanto a Lei. Si rimette seduta dritta. Si gira un'attimo e mi fa un sorriso distratto, poi si rigira verso LUI come se niente fosse. Cerco un contatto col suo corpo cercando di sedermi incollato a lei. Il mio braccio destro e la mia spalla sono praticamente appoggiati alla sua schiena. Niente. Nessuna reazione. Si gira di nuovo, stavolta non verso di me, ma verso la parete opposta dove sta appeso il televisore sul quale dobbiamo vedere non so quale film. Mi sporgo un po in avanti e la guardo fisso nel tentativo di provocarla, ottenere la sua attenzione e capire che cazzo sta facendo. Piu di questo non voglio fare. E' da lei che deve venire una reazione. Non da me.
Continua a guardare di fronte a se. Poi prende una mano di James e se la mette in grembo, stringendosela tra le sue. Perche'?Perche'?perche' non ha preso la mia mano? Ne ho un disperato bisogno...
Ho ancora il cappotto addosso. Sto dando le spalle a un camminetto acceso e ho piu freddo di quando stavo fuori. Mi alzo e vado in fondo alla stanza raggiungendo Nicola.
Il film inizia.
Io e Nicola ci guardiamo con un sorrisetto pensando entrambi di aver gia visto il film. Ma non e' cosi. Sullo schermo compare, rivolta verso di noi, la nuda testa di un manichino. Solo la testa. E' di un colore giallo-grigio pastello che si sta scrostando, tant'e' vecchia. Appoggiata sopra una specie di piccolo carrello, si muove all'indietro su delle rotaie che poggiano a loro volta su un'impalcatura poco piu alta del mio bacino. La testa, sempre rivolta verso di noi, continuando a percorrere i binari, seguita dalla telecamera, comincia a parlarci. Non ha occhi, eppure ne percepisco lo sguardo. Li sento spalancati, immobili, inespressivi come la voce mono-tona che esce dalla sua bocca di ceramica. Una voce quasi ipnotica. In questa sua inesorabile retromarcia lungo i binari che scopro essere non piu nel televisore, ma fisicamente davanti a noi, questa testa ci passa di fronte e come un profeta la sento dire:
"Le persone si muovono nella vita pensando di muoversi nella luce..."
Non sento la fine della frase perche ho distolto lo sguardo dalla scena. Sto guardando verso il caminetto. Giulia e James non sono minimamente concentrati sul film, ma sono senza dubbio concentrati su se stessi e sui loro corpi. Giulia mi sembra troppo disinvolta per essere una persona che prova solo "pena" per un'altro. Mi sembra troppo disinvolta per essere una persona che sta solo dando "un po' di corda" a un individuo che soffre di un amore non corrisposto. E James non sembra piu' la mezza sega timida e sfigata che poco fa si e' lasciata prendere la mano da quelle della mia ragazza. Sembra piu sicuro di se'. Piu attivo. Le accarezza il viso e i capelli corti, le accarezza il collo snello ed elegante con uno sguardo sempre piu deciso, ha gli occhi piantati su quelli di lei che ricambia ogni sua carezza senza alcuno scrupolo per me che li sto guardando. Nicola si accorge di quello che sta succedendo, mi guarda come per dire "stai li' e non fai niente?". Io vorrei rispondergli, ma la voce della testa di manichino e' troppo alta, risuona in ogni angolo della stanza. Non mi sentirebbe dire che stavolta ha esagerato, che stavolta la mollo. Paralizzato con un groppone in gola, morto dentro, guardo la scena che si svolge davanti ai miei occhi. Giulia si sdraia per terra, James gli si mette sopra, comincia a baciarla e a muoversi come se fossero gia' nudi e lui la stesse penetrando con forza. Lei non fa un minimo accenno di resistenza, e' sua. Tutti i miei compagni si voltano verso di me, umiliato.  Mi rivolgono sguardi cupi, quasi accusatori. Immobile volgo di nuovo lo sguardo verso la testa che sta arrivando a un punto in cui i binari sono interrotti. Il carrello su cui e' posata accellera bruscamente. La sento dire:
"La verita' e' che le persone brancolano nel buio, scoprendo la luce solo quando la loro vita si spezza..."
Poi esce dai binari a va a schiantarsi con violenza contro il muro, frantumandosi in mille pezzi.

Apro gli occhi. Sono sveglio, avvolto nella penombra della mia stanza. Devo andare a scuola.




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